L’Ecomuseo della Valsesia, straordinariamente ricco di testimonianze storiche e culturali, intreccia la memoria degli abitanti a quella dei luoghi e delle cose.
La valle, incastonata tra le vette delle Alpi Pennine, affascina per la sua capacità di ricordare e saper raccontare uno stile di vita mai scomparso: tra le pittoresche e graziose frazioni le strade moderne cedono il passo alle mulattiere in cammino verso preziose opere d’arte racchiuse in cappelle e oratori, torchi, forni per il pane o la calce, vecchie segherie, mulini idraulici e fucine, lavorazioni artigiane secolari, piccoli musei. Con un po’ di fortuna, in qualche caso si possono incontrare i pastori che ancora oggi raccontano della propria vita in alpeggio e delle transumanze.
Il termine-neologismo “Ecomuseo” nasce in Francia nel 1971 grazie a Huges De Varine, considerato il padre fondatore di questo particolare tipo di valorizzazione museale-territoriale. La sua idea era quella di legare il concetto di “museo”, nato per conservare e tutelare la memoria del “passato”, ai nascenti interessi di sviluppo locale ed educazione ambientale. Nel nostro paese sin dagli anni ’70 si assiste allo sviluppo di una nuova attenzione verso la società agricola, sempre più compressa e minacciata dall’industrializzazione e dall’urbanizzazione, e alla nascita di vari musei di arti, mestieri e tradizioni popolari ideati con lo scopo di conservare e difendere le origini, le memorie e le identità delle comunità.
L’Ecomuseo della Valsesia è stato istituito nel 1996 dalla Regione Piemonte in attuazione della Legge Regionale n. 31 del 14 marzo 1995, coinvolgendo circa 13 paesi. Si tratta di una valorizzazione che offre al visitatore la possiblità di avere una visione d’insieme della Valsesia e delle sue peculiarità ambientali ed abitative, segnate da secolari tradizioni.